Bullismo, lo sfogo delle frustrazioni nel ‘branco’. Il ‘vademecum’ della dottoressa Cappabianca
LA PAROLA DELL’ESPERTO
A cura della dottoressa Rossella Cappabianca
“La violenza a scuola non è solo bullismo. L’Osservatorio Internazionale sulla violenza nella scuola mette in evidenza come sia importante considerare l’insieme delle relazioni che hanno carattere violento nel contesto scolastico, piuttosto che limitarsi al cosiddetto “bullying” che è solo una delle forme di manifestazione della violenza. Mi viene da pensare non solo all’aggressione fisica, alla violenza verbale o psicologica e all’esclusione dai rapporti praticata tra studenti ma anche alla violenza
perpetrata dai ragazzi nei confronti degli insegnati e di questi ultimi nei confronti degli alunni, si prendano in considerazione i diversi casi presso le scuole dell’infanzia o primaria. Abbiamo quindi diverse forme di violenza fisica, verbale e relazionale legate al contesto scolastico. Ho lavorato molto su questo tema e dai vari interventi svolti negli Istituti scolastici emerge con chiarezza che l’aggressività, la violenza e il bullismo in particolare sono forme di “comunicazione”. Attraverso questo comportamento chi aggredisce comunica una serie di cose. Gli adolescenti spesso non avendo dei solidi punti di riferimento, avendo
perso la speranza nel progettare per sé stessi, sfogano le frustrazioni personali nel “branco” che diventa il loro punto di riferimento. Compensano senso d’inferiorità con rabbia e aggressività, così come evidenziato da diversi casi. Si pensi alla cultura dominante in cui per “farsi strada” si utilizzano metodi prevaricatori, in cui si reagisce con violenza a ciò che si ritiene abbia offeso il proprio onore. Questo è il clima in cui si trovano a crescere i nostri ragazzi e che per quanto si stia provando a sradicarlo ha radici profonde. Le stesse famiglie un tempo forse più attente al ruolo educativo sono diventate vittime del sempre più crescente individualismo nei rapporti sociali e della diseguaglianza sociale. In presenza di una più ampia
povertà e di assenza del lavoro falliscono le variabili di processo caratterizzate da famiglia, scuola, partiti politici, associazioni varie, organizzazioni religiose e il senso di appartenenza al “branco” si fa più forte. I mezzi di comunicazione hanno poi esaltato alcuni fenomeni producendo un “effetto moltiplicatore” da imitazione, tale da creare “l’allarme bullismo” ma oscurandone le motivazioni più profonde.
Per quanto riguarda cosa possono fare la scuola e i Servizi territoriali di competenza, siamo già a buon punto con dibattiti e progetti informativi ma non bastono da soli al contrasto di queste forme di violenza. Bisogna avvicinarsi ai ragazzi, saperne accogliere il disagio laddove c’è e realizzare progetti per una scuola che non sia solo trasmissione di sapere ma sia anche luogo di educazione alle relazioni. Ma tutto ciò è possibile con una maggiore consapevolezza e collaborazione delle famiglie. Le figure genitoriali sono le prime a trasmettere le regole e i modelli comportamentali che formeranno la personalità dei ragazzi sin da bambini e solo operando insieme, famiglia, scuola e Istituzioni sociali, si può migliorare”.
Pingback: naza24