CELLOLE – Da una grande sofferenza nasce la forza per ricominciare: Eduardo Capraro ci parla della sua ‘Nanà’
CELLOLE (Matilde Crolla) – I capitani coraggiosi non sono solo coloro che mettono in piedi un’attività per creare occupazione. I capitani coraggiosi sono soprattutto coloro che riescono a superare i drammi esistenziali, quelli peggiori, ed ossigenare nuovamente la vita investendo
sulla loro passione. Eduardo Capraro è l’emblema di tutto questo. La sua storia è una storia di speranza, di forza che muove i suoi passi da una grande sofferenza. “Ho dedicato la mia vita alla danza, allo spettacolo. Ho frequentato le migliori scuole per potermi formare in questo mondo, ottenendo sempre ottimi risultati. Ho avuto, senza peccare di presunzione, successo e soddisfazioni- ci racconta-. Ma con il passare del
tempo avvertivo sempre di più che qualcosa nella mia vita stava cambiando. Quello di cui mi occupo oggi è frutto di una vocazione che già avevo dentro di me, chiusa in un cassetto. Ma impegnato a 360 gradi nel lavoro nella mia scuola, l’ho lasciata per anni in un angolino della mia vita. Una vocazione che di fatto mi legava e mi lega tuttora, nonostante tutto, a mia madre. Ci accomunava la manualità, la capacità
di realizzare le cose a mano. Sin da piccolo con la mamma realizzavamo tanti lavoretti, da autodidatti, a casa nostra e restavano lì. Ad un certo punto mia mamma si è ammalata ed io cercavo di darle sollievo di tanto in tanto proprio tenendola impegnata in questo tipo di attività . Lei era amante dell’uncinetto, delle bomboniere, dei fiori. Sin da piccolo io ho assorbito questa sua grande passione che è poi diventata
anche la mia”. Eduardo continua a raccontare: “Avevo una palestra che ho portato avanti con grande soddisfazione, ma quando tornavo a casa sentivo sempre il bisogno di fare altro. Questa cosa la notava anche mia moglie, che mi chiedeva spesso che cosa mi mancasse. Io ero soddisfatto del mio lavoro, delle mie clienti in palestra, ma c’era sempre un vuoto, qualcosa che non mi appagava in pieno. Comincio ad
elaborare nella mia mente e a prendere consapevolezza che la palestra non può essere l’unico obiettivo della mia vita. Mi sentivo in un certo senso ‘a metà’ ed insieme a mia madre, che in quel periodo stava combattendo contro una malattia, ci promettevamo che appena passata la ‘bufera’ avremmo realizzato qualcosa insieme. Poi purtroppo la vita per me ha preso un verso sbagliato. Prima con mio padre e poi
con mia madre e questo sogno è sfumato. Mia mamma è andata via. Per me era diventato ancora più pesante andare in palestra. Tutto era legato al mio stato psicofisico, alla mia mancanza, al dolore che ho dovuto elaborare. Ho dovuto resettare e rimescolare le carte nella
mia vita. Finché un giorno non presi una decisione, dovevo iniziare a capire che cosa mi aspettavo dalla vita. Mi sono messo alla ricerca di un corso per intraprendere questa attività. Ed è così che decido di iscrivermi ad un corso a Roma. Quel giorno avevo il magone perché ero certo che stavo facendo un salto nel buio, immaginavo tutto quello che mi sarei lasciato alle spalle. Mi iscrivo a questo corso e la mattina prendo il treno. La notte precedente sognai mia madre nel suo massimo splendore, felicissima che mi baciava
continuamente. Partii con l’entusiasmo che mai avevo avuto. Arrivo a Roma ed inizio il corso, la cosa straordinaria è che tecnicamente quel corso era già mio. Qualsiasi nozione volessero insegnarci io già la conoscevo. Facemmo il corso teorico poi passammo alla parte pratica e mi accorgevo di volta in volta che tutte le nozioni che il maestro dava io non le ascoltavo, come se quella cosa già le conoscessi. Alla fine
del corso mettemmo in pratica quello che è il nostro lavoro. Io iniziai ad elaborare il tavolo, le mie mani incominciavano a muoversi da sole. Montavo e smontavo le composizioni mille volte. Termino il corso con grande soddisfazione. Dopo questo corso avviene il mio primo evento chiesto da alcuni amici. Preparo il tavolo imperiale. Io lo guardavo e mi emoziono. Era un tavolo tecnicamente molto difficile. Questo
ha scatenato in me qualcosa di grande. Da lì pubblicai la prima foto ed iniziai la mia attività professionale come secondo lavoro. Arriva il lockdown, due attività ferme. Un momento difficile ma che mi ha permesso di lavorare e creare i miei progetti. In quel momento di pausa, senza avere contatti con le persone, con il mondo esterno, ho avuto la lucidità a capire cosa volessi fare veramente della mia vita. Oggi sono
orgoglioso, senza peccare di presunzione, felice di quello che faccio. Ho trovato finalmente qualcosa che mi permette di non pensare ad altro. Il mio lavoro è la mia medicina più grande, perché mi permette non di dimenticare, ma di vivere la vita in maniera diversa. Io so che quando lavoro le mie mani sono mosse da altre. E’ un lavoro frutto di sacrificio e dedizione, e nonostante a volte sono stanco, sono sempre
orgoglioso di quello che sto facendo. Oggi posso dire di aver avuto il coraggio di chiudere la serranda di quella scuola e di aprirne un’altra”. E conclude…”La mia attività si chiama Nanà – Luxury Event. Nanà significa mamma, è il nome con cui mio nipote chiamò per la prima volta mia mamma. Nanà è un omaggio a mia madre, deriva dalla sua vita, da quello che era. Il negozio rispecchia la sua anima. Lei era amante
della natura, infatti nel negozio c’è un albero. Un albero che mi dà forza. Al mio fianco in tutto ciò c’è stata Cinzia, mia moglie. E’ stata una spalla forte che ha abbracciato e baciato tutte le mie richieste. E’ stata la forza più grande dopo tanta sofferenza. Sono certo che nessun altra come lei avrebbe potuto essermi così affianco. Mi auguro che la mia
azienda possa crescere di più, ma non perché debba crescere di più economicamente, ma per sentirmi realizzato e sapere che ho realizzato qualcosa di importante”. In questi giorni Nanà-Luxury Event è diventato uno splendido villaggio di Natale per donare un po’ di serenità e far sentire la magia di questa festa a chi non potrà viverla pienamente…