Dipendenze affettive: le relazioni tossiche…La parola dell’esperto Pina Mastroluca
*LA PAROLA DELL’ESPERTO*
A cura della dottoressa Giuseppina Mastroluca
Diciamoci la verità, in amore siamo tutti un po’ dipendenti: spesso dalle attenzioni dell’altra persona, dalle piccole cose, dalle abitudini “felici”. Ma fin qui si tratta di una “dipendenza” sana, della necessità del partner nella propria vita come arricchimento e punto di forza. Ma ci sono relazioni in cui la dipendenza – in questo caso si parla di dipendenza affettiva – è qualcosa di nocivo, che logora la persona dipendente. Quando si incontra un seduttore narcisista può capitare a tutti di rimanerne affascinati, ma chi ha la “vocazione dipendente” rende le persone particolarmente esposte a questo tipo di relazioni e a diventare
succubi del partner, precipitando in un rapporto tossico e logorante. Si tratta di una relazione contrassegnata da un forte aspetto di dipendenza. Nelle relazioni tossiche infatti accade che uno dei partner – una volta più spesso era la donna ma adesso capita anche agli uomini – tende a “funzionare” in modo prevalente o in certi casi esclusivo sulla modalità dipendente. Questo nella relazione di coppia porta la persona che si trova in questa posizione a perdere quote sempre maggiori di potere personale, quindi a perdere la propria autonomia, indipendenza e libertà di scelta, finendo – in alcuni casi – in una condizione di vero e proprio sfruttamento emotivo e fisico. La persona che si trova all’interno di queste
relazioni, nelle condizioni più gravi ed estreme, può subire anche situazioni di violenza. La dipendenza affettiva è molto simile alla tossicomania, con la sola differenza che in questo caso l’oggetto tossico non è una sostanza ma una persona. In una relazione sana gli aspetti di dipendenza si bilanciano sempre con l’autodeterminazione e con le capacità di scelta dell’individuo. Si tratta di una relazione contrassegnata da una situazione di reciprocità, per cui c’è uno scambio di piacere, di arricchimento, di crescita, che viaggia in tutte e due le direzioni. Al contrario, la relazione tossica è monodirezionale. Uno dei partner finisce
per essere asservito nei confronti dell’altro e il partner che si lascia sfruttare è invariabilmente quello dipendente, ossia quello che paradossalmente avrebbe più bisogno di considerazione e di sostegno. La persona affettivo-dipendente sviluppa una forma di assuefazione: il partner diventa fondamentale per mantenere l’equilibrio psichico e non ne tollera la distanza. Quello che caratterizza queste situazioni è l’incapacità di sostenere l’evento della separazione. La persona dipendente non sa staccarsi dal
partner ed è incapace di elaborarne la perdita. Il fatto di vivere malissimo distanze e separazioni innesca una situazione per la quale la persona affettivo-dipendente diviene facilmente ricattabile: pur di evitare la separazione tende a rinunciare ad aspetti importanti della propria esistenza, magari ai propri interessi, al proprio lavoro, perfino ai propri valori etici, finendo per perdere la propria identità e la rete socio-affettiva di riferimento, isolandosi, perché vivono nel “falso mito”. I falsi miti sono generalmente miti sacrificali e salvifici. I miti sacrificali ci dicono che amare significa annullare se stessi per l’altro, magari
con l’aspettativa che poi l’altro faccia lo stesso per noi: assolutamente falso. I miti salvifici ci dicono che amare significa salvare l’altro, anche in questo caso nell’attesa che l’altro faccia lo stesso con noi. Ma la realtà è che nessuno salva nessuno e l’amore non c’entra niente con questo genere di visioni. Il primo indizio per capire se si è all’interno di una storia sbagliata è chiedersi se si è sereni e liberi di esprimersi in maniera naturale. L’amore è una condizione che deve portare con sé inevitabilmente serenità e benessere. Se c’è tormento e dolore, significa che non state vivendo la storia giusta per voi.
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