SESSA A. – ‘Filottete’, il Liceo Classico e il Dipartimento di Lettere della Vanvitelli portano in scena il mito della tragedia di Sofocle
SESSA AURUNCA (Matilde Crolla) – Di scena al Cinema Teatro ‘Corso-Seccareccia’ il ‘Filottete’, la fortunata tragedia di Sofocle, rielaborata dal Laboratorio di teatro classico del Dipartimento di Lettere dell’Università Vanvitelli della Campania e dal Liceo Classico “Agostino Nifo” di Sessa Aurunca, con cui è stato da tempo stipulato un rapporto di collaborazione continuativo. Lo spettacolo, ispirato
all’omonimo dramma di Sofocle con riferimenti anche ai versi di Omero e del poeta greco contemporaneo Ghiannis Ritsos, è stato curato dalle docenti Cristina Pepe e Sotera Fornaro con la regia di Massimo Santoro e accompagnamento musicale di Leonardo Gallato; la recitazione è stata affidata agli stessi studenti e dottorandi del Dipartimento di Lettere. Gli studenti hanno dimostrato
con maestria la loro capacità interpretativa, toccando le corde dell’anima degli alunni delle classi terze degli Istituti Comprensivi “Fermi” di Cellole e “Campo Falerno” di Carinola, ospiti dell’evento svoltosi questa mattina. La rappresentazione, infatti, ha avuto una finalità didattiche per gli allievi del Liceo Classico e di orientamento per le classi ospiti. Questi ultimi hanno avuto modo di verificare direttamente la grande valenza e attualità degli studi classici, in quanto sono stati chiamati a riflettere su temi estremamente contemporanei che il teatro
classico propone: l’emarginazione, l’umana pietà, il senso di giustizia, la subordinazione dell’interesse del singolo a quello della comunità, le ragioni, spesso incomprensibili, della guerra ed altro ancora. Secondo il mito, infatti, Filottete, abilissimo arciere, in possesso dell’arco invincibile di Eracle, si era imbarcato con l’esercito acheo per la guerra di Troia ma, durante una sosta, venne morso
al piede da un serpente. Il fetore che emanava dalla ferita e i suoi lamenti erano insopportabili per i compagni che, con un inganno, lo abbandonarono nell’isola deserta di Lemno. Dopo dieci anni, poiché Troia non cadeva, un indovino sentenzia che per vincere la guerra sono indispensabili l’arco di Filottete e Neottolemo, il giovanissimo figlio di Achille. Lo scaltro Ulisse si reca allora con Neottolemo
a Lemno ed escogita le più perfide menzogne per ingannare di nuovo Filottete, derubargli l’arco o di trascinarlo a forza nella nave. Filottete, infatti, non avrebbe certo collaborato spontaneamente. Neottolemo allora, si rifiuta di ingannare l’eroe ferito, non si lascia persuadere da Ulisse e decide di parlare schiettamente con Filottete. Questi, alla fine, accetta di “perdonare” la sua gente e si offre
di aiutarla. L’umana pietà e il senso di giustizia di Neottolemo si rivelano vincenti: veniamo a sapere infatti che l’arco di Filottete, da solo, non sarebbe servito a niente: soltanto l’eroe designato da Eracle, Filottete appunto, poteva scoccarvi le frecce. I tre salpano alla fine per Troia e grazie a Filottete la guerra viene vinta.