SESSA AURUNCA – Con la Galleria Toro parte il progetto pittorico ed artistico di Vincenzo Bocciarelli. L’intervista video esclusiva
SESSA AURUNCA (Gabriele Bonelli) – Chi è Vincenzo Bocciarelli? Vincenzo Bocciarelli è un pittore, artista e attore che nasce nel 1974 a Bozzolo, presso Mantova e fin da subito si appassiona al teatro e alla recitazione. Presto si trasferisce a Siena dove inizia a frequentare il Piccolo Teatro e una volta conseguito il diploma all’istituto d’arte, va a Milano al Piccolo Teatro e inizia la sua attività teatrale con il grande Giorgio Strehler, il quale considera Bocciarelli un suo allievo prediletto, portandolo poi a collaborare anche con artisti quali Giorgio Albertazzi e Glauco Mauri. Queste collaborazioni gli hanno fornito una buonissima fama a livello mondiale cosicché Bocciarelli è spinto ad affiancare all’attività teatrale, ricordiamo ad esempio ” Antigone ”, ” Edipo re” ed ” Edipo a Colono ”, ” Ècuba ”, ” Re Lear ”, anche quella cinematografica cominciando a partecipare ad alcune fiction rinomate come ” Orgoglio ”, ” Incantesimo ”, ” Cinecittà ” e ” Don Matteo ”. Successivamente
prende parte a film di successo come per esempio ” La scuola più bella del mondo ” con la regia di Luca Miniero. Egli inizia ad essere sempre più sugli schermi pure in qualità di conduttore televisivo ed inoltre si dedica negli ultimi anni anche all’insegnamento della recitazione.
Il progetto pittorico e le iniziative future di Bocciarelli
L’ attore, con una cultura profondamente classica e basata su autori come Dostoevskij, Cechov e Tolstoj oltre ad elogiare in modo profondo e significativo Chaplin e Charlot che gli avrebbero insegnato l’arte di vivere a 360°, è in una fase piuttosto euforica e creativa ( ” Ora come ora la mia donna è l’arte, che non mi abbandona mai ” cit. Bocciarelli ) che lo sta portando ad accudire con grande passione l’ambito artistico e che lo spinge verso la realizzazione della sua prima mostra pittorica, il 22 dicembre a Marbella in collaborazione con la Magpie International Art Gallery, sostenuto e incoraggiato dalla galleria Toro di Sessa Aurunca, alla quale va il particolare plauso di promuovere e presentare tanti artisti contemporanei. Questo
percorso lo porterà a rappresentare le sue esposizioni in varie città. Si tratta di una grande novità per Bocciarelli dal momento che ha sempre avuto un certo riserbo e silenzio per la sua attività di ritrattista.
Conferma poi di essere in procinto di incominciare un nuovo film della stessa produzione di ” The Mission Possible ”, del cui cast internazionale risulta essere l’unico attore italiano ed inoltre non si fa sfuggire l’occasione per mostrare un certo interesse verso il programma televisivo ” Ballando con le stelle ” al quale vorrebbe partecipare. Infine il 6 gennaio andrà in onda su Rai 5 il concerto da Betlemme, in cui ha condotto e recitato, prodotto dalla Melos International di Dante Mariti. Insomma, Bocciarelli è in procinto di
raggiungere altri traguardi molto importanti per la sua carriera portandosi addosso il sapore artistico:” l’arte come sospensione e come ispirazione ignota con cui qualcuno vuole esternare concretamente una determinata e particolare espressione ”.
INTERVISTA ALL’ATTORE VINCENZO BOCCIARELLI
Grazie all’iniziativa e all’invito della galleria Toro, nella mattinata di domenica 17 dicembre 2017 abbiamo avuto il piacere di essere in compagnia dell’attore Vincenzo Bocciarelli al quale abbiamo chiesto e fatto alcune domande inerenti al mondo dell’arte e alla sua peculiarità di artista.
Cos’è per te l’arte e quali sono i motivi e le pulsioni che ti hanno portato a coltivare e ad assecondare questa tua vocazione?
” Ti ringrazio Gabriele per questa bellissima presentazione ma soprattutto sono molto felice di essere qui con la galleria Toro perché Francesco Toro e Claudia Grasso sono due anime molto appassionate di arte e cultura. Gli artisti hanno bisogno di simili ambienti per sentirsi protetti e invogliati per il proprio spirito creativo che non è per nulla facile e piuttosto problematico alle volte. Si tratta di una domenica speciale qui a Sessa Aurunca e siamo in procinto, con questa grande collettiva di artisti, a salpare in Spagna dove avrò la fortuna di esporre alcune mie opere. Finora il mio rapporto col mondo pittorico è stato pudico e silenzioso e per me adesso è come ritornare un po’ al principio quando ho incominciato a fare recitazione in cui l’arte diventa concretezza. La pittura senese del ‘300, l’arte antica, il rapporto col colore, con la materia e la commistione che amo usare aggiungendo anche i momenti gioiosi o difficili della vita quotidiana mi permettono, tramite la pittura, di fornirmi
uno slancio verso l’alto così da trasformare le pesantezze e gli stati d’animo in colore e che così si possano formare delle emozioni anche nelle persone. Sono molto attento agli eventi contemporanei e pienamente convinto che il cosiddetto ” morso dell’anima ” possa trasformarsi in ebbrezza. L’arte crea unicità e ogni volta c’è una scintilla, una sfumatura diversa nell’approccio”.
Qual è la differenza fondamentale che c’è tra il rapporto diretto col pubblico quando si recita a teatro e invece l’essere ripresi dietro una telecamera quando bisogna girare una scena di un film che poi sarà trasmesso sui grandi schermi?
”Francesco stamattina mi ha fatto scoprire questa meraviglia di teatro antico che avete qui a Sessa Aurunca, uno spettacolo per la sua veduta scenografica verso il mare e penso all’intelligenza di questo popolo così atavico ma così intelligente e collegato all’ignoto della cui azione non si poteva saperne l’evoluzione o l’involuzione. Io penso sempre all’afflato, allo spirito della tragedia greca da cui è partito tutto e ricordo bene il mio debutto in ” Ècuba ” al teatro greco di Siracusa. Secondo me si tratta di sacralità, di qualcosa che rimane nel tempo come un quadro, una traccia di colore di cui non si può sapere però quanto durerà. La bellezza dell’arte è di tendere verso l’assoluto, l’infinito. Ricordo la mia tavola ” Big Bang ” che si trova a Siena ed è l’incipit, il ritorno alla scintilla iniziale che va verso qualcosa di molto alto e superiore, toccando magari anche la dimensione del sogno. Col palcoscenico sono sempre stato abituato ad una particolare dimensione quando invece
la pittura per me è un momento di grande silenzio, un vuoto che prende forma, un mistero e anche una grande paura nell’istante in cui ti trovi di fronte ad un foglio bianco perché ti senti assalito da tanti stati d’animo e quasi avverti la sensazione di essere un vulcano che ha voglia di eruttare ma poi questa lava va indirizzata nel sentiero giusto”.
Che cosa ti ha spinto adesso e soltanto adesso ad esternare una peculiare mostra artistica, così personale, così misterica fino a questo momento?
” Mi piace misterica. Certe volte le cose te le manda l’universo o un incontro, come appunto questo con Francesco Toro e Claudia Grasso, a riprova del fatto che le cose belle dalla vita derivano dalla condivisione e dalle affinità elettive, come in amore o in amicizia. Nonostante risulti molto forte e coraggioso sul palcoscenico o davanti alla macchina da presa dove mi sento a casa e a mio agio, succede alle volte che nella mia vita privata mi senta un po’ disarmato e da qui l’importanza di incontrare le persone giuste così da plasmare poi le proprie idee. Adesso c’è solo da lavorare e creare, inoltre le mie ultime opere sono pronte a volare in Spagna ma a breve avremo un debutto importantissimo, il 22 febbraio, nel cuore di Milano in una galleria molto prestigiosa. Si respira aria di fermento e di grande entusiasmo. La voglia di fare ci mantiene vivi”.
Che cosa significa fare oggi arte in questo contesto globalizzato, che cosa significa approcciarsi anche ad una distorsione spesso del termine ”arte”, il quale viene assunto in termini di banale e vuota spettacolarizzazione?
” Ci vuole davvero un grande pudore, un grande rispetto, una coscienza molto forte rispetto alla parola ” arte ”. Ormai sui social, ovunque, tutti si inneggiano e assumono il ruolo di pittore, scrittore, sceneggiatore, artista, attore quasi come se nascessero dalla mattina alla sera. Come in tutti i lavori, il nostro che nasce dal talento ma che va praticato costantemente, per essere definiti secondo un preciso status bisogna aver conseguito un certo numero di anni e intanto aver portato a termine determinate operazioni. Se non si pensa in questo modo, si rischia di creare una grande confusione anche a causa delle svariate pagine Facebook, Instagram ecc. per
le cui applicazioni sono importanti i numeri di followers, i like, i post pubblicati e tutto ciò ha creato una grande frenesia e nevrosi. Credo che però il pubblico sia diventato più acuto, esigente e penso che anche chi non è abituato o avvezzo a questi tipi di temi artistici, abbia affinato il suo gusto e ciò per merito anche dei media e del mondo di internet che hanno permesso di conoscere le varie parti nascoste anche nell’ambiente dello spettacolo”.
A seguito proprio di questa globalizzazione e di queste nuove comunicazioni, in questo mondo anche della riproducibilità tecnica dell’arte e dell’opera d’arte, si rischia anche un po’ di perdere l’unicità del singolo momento, della singola performance, cioè si rischia di perdere come diceva anche Baudelaire ” l’aureola dell’artista” ?
” Assolutamente sì e questo è un grande problema. Ciò è dovuto alla mancanza di quella sacralità che portava gli artisti a fare una specie di digiuno e a proiettarsi in un vero e proprio rituale perché non si può approcciare solo con la scintilla della creazione in modo superficiale. C’è bisogno invece di silenzio, concentrazione, attenzione, di profondità perché è una forma di preghiera. Per carità, esiste anche il getto, l’istintività, l’intuito che spesso gli artisti sanno restituire all’anima di chi sa percepire. Si tratta sempre di un gioco di affinità che nasce tra il pubblico e l’attore o anche l’artista. Per me è importante che l’opera venga resa viva e assuma un certo successo e prestigio quando oltre ad essere congelata sulla parete o all’interno di un’installazione possa ancora palpitare agli occhi dello spettatore, quasi come se fosse stata fatta li in quell’attimo, continuando a pulsare. Da qui si riconosce l’opera d’arte e l’impegno, ad esempio della galleria Toro, di educare il pubblico perché è importante che le persone affinino il gusto, acquisendo anche la capacità di saper apprezzare un’opera dotata di una certa simbologia rispetto ad un’altra che può risultare ” velenosa ”.
L’idea prevale sulla creazione?
” Noi siamo sempre portati a concettualizzare troppo. Dicevano i nostri maestri di teatro di non andare troppo di testa ma di pancia perché il nostro cervello emotivo è al livello dello stomaco mentre la mente è la banca dati da cui derivano gli input e i comandi. L’ anima si trova nel profondo e bisogna ascoltarla. L’idea non deve sovrapporsi al fare ma bisogna anche abbandonarsi a quest’ascolto, uscire da una sorta di autismo dal quale spesso siamo imprigionati. Dobbiamo andare in giro, guardare i dettagli minimi di un occhio o di una signora che osserva e si slancia verso il cielo, ma dobbiamo tornare a guardarci proprio tra di noi. Io sono curioso anche di percepire quali siano le storie nascoste dietro ognuno, queste realtà mi parlano e poi cerco di trasporle in pittura o nelle altre mie attività artistiche o quotidiane, persino in un consiglio da dare a qualche amico. Insomma, dobbiamo tornare a fonderci ”.
Diceva uno scrittore francese, Antoine de Saint-Exupéry:” Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà”. Può essere questo il senso di fare arte, il motore d’azione anche di tutti i tuoi progetti?
” Questo lo recepisco come un augurio. Mi auguro che le tue parole, in questo 2018, siano il leitmotiv per la mia carriera. Ci dobbiamo volere più bene, credere in noi stessi però sempre con senso autocritico, soprattutto fidarci delle persone giuste e saperle scegliere intorno a noi. Bisogna essere attenti nella scelta e oggi siamo troppo veloci nel farlo. Quindi dobbiamo essere più riflessivi per capire cosa è meglio e cosa non è meglio fare. Quest’altro augurio lo faccio a me e a tutti gli amici che, in questo momento, ci stanno seguendo. Riflettere di fronte ad un’opera e non solamente vedere”.
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