SESSA AURUNCA – ‘La chiave segreta della poesia del ‘900’, lectio magistralis del poeta Lauretano per gli studenti del ‘Nifo’
SESSA AURUNCA – La chiave segreta della poesia del ‘900 è il titolo del convegno che nei giorni scorsi a Sessa Aurunca ha avuto un relatore d’eccezione: il poeta, narratore, saggista e critico letterario Gianfranco Lauretano, il quale ha tenuto una Lectio magistralis ai docenti e agli studenti dell’Istituto Agostino Nifo. L’evento culturale è stato organizzato dalla docente di Lettere Maria Sasso.
In primis il Dirigente Scolastico, Prof. Giovanni Battista Abbate, con la sua consueta cordialità, dopo un excursus sul ‘900, ha dato il cordiale benvenuto al prof. Lauretano, accogliendolo quale Poeta illustre e Docente accademico della meravigliosa famiglia del Nifo.
Il professor Lauretano ha pubblicato i volumi di poesia La quarta lettera (Forum, Forlì, 1987), Preghiera nel corpo (NCE, Forlì 1997 – ristampa: Ellerani, Trieste 2011), Occorreva che nascessi (Marietti, Milano 2004), Sonetti a Cesena (Il Vicolo, Cesena, 2007), Racconto della Riviera (Raffaelli, Rimini 2012), Questo spentoevo sta finendo (Alla chiara fonte, Lugano, Svizzera, 2013) e il volume di prose liriche Diario finto (L’Obliquo, Brescia 2001). Sue traduzioni dal portoghese e dal russo sono pubblicate su antologie e riviste. Presso l’editore Raffaelli di Rimini sono uscite in volume le traduzioni dal russo Il cavaliere di bronzo di Aleksandr S.Puskin e per le edizioni del Saggiatore La pietra di Osip Mandel’štam. Svolge
attività di critica letteraria su periodici e quotidiani. Ha curato, tra l’altro, il commento ai canti XXIX, XXXII e XXXIII del Purgatorio di Dante (Rizzoli, Milano 2001) e pubblicato i volumi La traccia di Cesare Pavese, (Rizzoli, Milano 2008), Incontri con Clemente Rebora (Rizzoli, Milano 2013), Guido Gozzano. Il crepuscolo dell’incanto (Raffaelli), Beppe Fenoglio La prima scelta (Ares 2022), Nekropolis, Romagna (Cartacanta 2022). Dirige le collane Poesia contemporanea e L’Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea ed il trimestrale letterario clanDestino per la casa editrice Raffaelli di Rimini. Ha curato il testo L’anello critico 2022, annuario della poesia italiana contemporanea (Cartacanta 2023). È fondatore e Direttore letterario della rivista di arte e letteratura Graphie e fa parte del comitato di redazione della rivista di critica e letteratura dialettale romagnola Il parlar franco. Ha ricevuto nel 2022 il Premio Adriatico per la poesia.
L’overture dell’evento, magnificamente curata dagli studenti del Liceo musicale Agostino Nifo, è stata una reinterpretazione melodica della poesia Il garzone con la carriola, tratta dal Canzoniere di Umberto Saba (sezione La serena disperazione). La performance della canzone, inedita, è una trasposizione di parole in musica realizzata alcuni anni fa dagli studenti Carola Abbate e Pietro Loffredo del Liceo Scientifico e presentata ai Colloqui fiorentini dedicati ad Umberto Saba.
Gianfranco Lauretano, nostro stimatissimo autore, originario della cittadina aurunca, invitato per la quarta volta dall’Istituto “Agostino Nifo”, è poi intervenuto sulla poesia del ‘900, introducendoci alla conoscenza della chiave segreta dei poeti moderni attraverso una lezione fondata sull’analisi di alcuni testi dell’epoca.
L’espressione chiave segreta, afferma l’autore, viene da lui utilizzata per comprendere la poesia del ‘900, dunque la moderna. La chiave segreta siamo noi, poiché ciò che noi apprendiamo a scuola illumina la vita la quale, al tempo stesso, illumina quello che abbiamo imparato in tale luogo e da tale lavoro. Se provassimo a chiederci a cosa serva studiare la poesia, ci rendiamo conto che tale domanda è stata generata da un avvenimento: la nostra apparizione su questo pianeta. Come facciamo a capire, dunque, qual è la chiave, ovvero quello che sono io? Bisogna conoscere le poesie, spiega il Professore.
Le poesie del ‘900, prosegue, vengono catalogate come “simboliste”, ma per comprenderle bisogna conoscere il loro centro d’origine, dunque Parigi. Proprio qui nascono i termini decadente e Simbolismo, per cui il poeta Baudelaire definirà il luogo in cui ci muoviamo una “foresta di simboli”. In Francia, verso la fine dell’‘800, inizia un periodo di modernità e non solo, ma anche di rinnovato ottimismo. Ad esempio, vi è un movimento filosofico, il Positivismo, che prevede un pensiero positivo, comune anche a noi moderni, soprattutto nel periodo del Covid. Tale periodo viene catalogato con il termine Belle epoque, non solo a causa della positività del pensare, ma anche delle
rivoluzioni avvenute in ambito scientifico, tecnologico e medico. Dunque vi è un senso di progresso e di ottimismo che celebrava la ragione dell’uomo. I poeti simbolisti, invece, fanno parte di una categoria che rileva all’interno dell’uomo un’anima irrazionale, che si agita e sfugge al controllo della ragione. Essi intuiscono che vi è un’ombra oscura, che permette di temere che il futuro sarà nefasto. Il Simbolismo, con le sue teorie sulla purezza della poesia, rifiuta di presentare il reale per come è, offrendo, invece, al lettore una realtà sublimata ed “allucinata”. Gli oggetti, presentati sotto forme altre, diventano il mezzo per accedere ad un significato celato, un simbolo (nel suo significato etimologico di συμβάλλω, mettere insieme), che consente di immaginare molteplici significati, dettati da un’anima irrazionale,
I poeti di quest’epoca, innamorati del piacere fino all’atrocità, (C. Baudelaire) imponendo uno sguardo negativo, vengono considerati “maledetti”. Tra i poeti maledetti vi sono Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Tristan Corbière, Stéphane Mallarmé.
Charles Baudelaire, nella poesia I ciechi, si rivolge agli uomini ottimisti, definendoli “Simili ai manichini; vagamente ridicoli […] dardeggiano non si sa dove i loro globi tenebrosi […] Così attraversano il nero sconfinato […] O città! / Mentre attorno a noi tu canti, ridi e sbraiti, / Innamorata del piacere fino all’atrocità, / Guarda! anch’io mi trascino! Ma, più inebetito di loro, / Dico: Cosa chiedono al Cielo, tutti questi ciechi?”. Il poeta descrive l’uomo moderno che, innamorato del piacere fino all’atrocità, definisce cieco, poiché ha gli occhi levati al cielo, ma non vede la realtà. Ormai la scintilla divina è spenta nei suoi occhi. Poi appaiono le immagini del nero sconfinato, ovvero il tempo, e della città, che canta e, allo stesso tempo, ride e sbraita. Nell’ultima strofa Baudelaire si accomuna ai ciechi, ma si domanda, a differenza di loro, cosa chiedano al cielo questi ciechi. Dunque il cielo per il poeta è l’Assoluto e l’essere ciechi verso il cielo, spiega il Professore, rappresenta la modernità nella quale l’uomo moderno è un individuo, lemma che deriva dal latino /viduus/, << vedovo>>.
Il poeta Lauretano, visto il tema trattato, propone agli studenti di trovare una Verità assoluta.
Legge, poi, la poesia Nebbia di Giovanni Pascoli, inserita nella raccolta dei Canti di Castelvecchio. Nel testo l’io lirico si limita ad osservare la natura vicina a sé, la siepe, le crepe di valeriane, i peschi, i meli, ma non l’Assoluto. Il poeta chiede alla nebbia di nascondere le cose lontane, ovvero l’Assoluto, poiché le cose son ebbre di pianto. Egli non si pone grandi domande, visto che non sa rispondervi. Il verso più significativo della poesia è Nascondi le cose lontane / che vogliono ch’ami e che vada. Queste cose vogliono che ami e che vada, ovvero che mi muova. Il poeta, però, da una parte vuol guardare le cose vicine, vuol nascondersi, dall’altra vuole andare, muoversi, per cercare la grandezza della vita, per amare.
D’Annunzio rappresenta una nuova figura, simbolo del superuomo, l’eroe. Ne L’incontro di Ulisse l’eroe greco ha l’occhio aguzzo, i muscoli, il ginocchio di ferro. Anche D’Annunzio è cieco di fronte al cielo, tuttavia fa l’eroe; quando, però, comprende che ha perso l’assoluto, scrive brani come La sabbia del tempo, in cui afferma che il tempo si fa breve, così come la sabbia scorre sul palmo della mano (Come scorrea la calda sabbia lieve / per entro il cavo della mano in ozio / in cor sentì che il giorno era più breve). Quando il poeta ha un momento di verità, il suo superuomo non risponde alla sua stessa cecità rispetto all’Assoluto.
Anche Guido Gozzano è il poeta delle piccole cose, della delusione della vita, una vita ritirata, isolata. Totò Merùmeni è il suo autoritratto, quello di un uomo che avrebbe voluto condurre una vita brillante, ma che, a causa della tubercolosi, muore a 33 anni. Il testo recita La Vita si ritolse tutte le promesse […] Così Totò Merumeni, dopo tristi vicende, / quasi è felice. La felicità ed il ritrovamento dell’Assoluto sono in quel quasi.
Ungaretti ne I fiumi descrive la sua vita, raccontandoci i fiumi a lui familiari. Egli, reggendosi a quest’albero mutilato, guarda il passaggio quieto / delle nuvole sulla luna; dalla terra alza lo sguardo al cielo. Successivamente presenta l’immagine di un’urna d’acqua (segno evocativo della morte) in cui egli si distende e vi riposa come una reliquia (segno evocativo del sacro). Nell’Isonzo il poeta si riconosce nostalgicamente come una docile fibra dell’universo; il suo animo è tormentato nel pensare di non essere in armonia con il cielo di Baudelaire, con le cose lontane di Pascoli, ma le occulte mani che lo intridono, che rievocano l’assoluto del cielo di Baudelaire, gli offrono in dono la rara felicità, e la vita gli appare come una corolla di tenebre, espressione difficilmente decifrabile, che lascia spazio all’interpretazione del lettore, tipica della chiusura ermetica, che rimanda a suggestioni evocative, a rimandi del tutto soggettivi. Questa è la chiave della poesia moderna, che basa la relazione delle parole non sui loro significati, bensì sui significanti, riducendo gli elementi referenziali a favore di quelli evocativi.
L’epilogo della lezione, attraverso la lettura delle poesie Meriggiare pallido e assorto di E. Montale e Generalizzando di G. Caproni, ha svelato ulteriormente verità struggenti: il fascino della parola come epifania della coscienza dell’io, un io nostalgico, malinconico, mancante, sofferente, tormentato, in attesa di risposte alle proprie domande di senso, in attesa di nascere, con la segreta speranza nel compimento di una promessa inaspettatamente attesa, poiché la vita, afferma il poeta Lauretano, è una promessa, un dono.
L’evento si conclude con l’ascolto del brano La casa in riva al mare di Lucio Dalla, interpretato dagli studenti del Liceo musicale Agostino Nifo.