SESSA AURUNCA / SAN CARLO – ‘Mesi e Zeza’, il folklore locale torna in auge con lo spettacolo organizzato dai giovani di San Carlo
SESSA AURUNCA / SAN CARLO (Matilde Crolla) – «Le tradizioni ci ricordano la voce di coloro ai quali, per secoli, è stata tolta la voce». Grandi preparativi in questi giorni nella frazione di San Carlo per l’organizzazione di un’interessante manifestazione prevista in occasione del Carnevale dal titolo ‘Mesi e Zeza’. I giovani di una delle più grandi frazioni delle Toraglie stanno, infatti, mettendo in piedi uno spettacolo previsto per il prossimo 11 febbraio con l’inizio del corteo alle ore 15 da piazza Orticello. Zeza e la cantata dei mesi è il cuore pulsante della tradizione folkloristica sancarlese.
Alla domanda: «che cos’è il folk per te?» «Zeza e I Mesi» sarebbe la risposta di qualsiasi cittadino del piccolo paese. Tale tradizione è un vero e proprio spettacolo a cui si ricorre solitamente durante il periodo carnevalesco, ove gli abitanti si improvvisano attori con autentico entusiasmo, con una sorta di devozione, con vitalità. Ma che cos’è la Zeza? In che rapporto sta con i Mesi?
L’intreccio narrativo deriva da un canovaccio del settecento, composto dal popolino napoletano che diede vita a diverse farse dai contenuti rurali. Dalla città si diffuse, repentinamente alla campagna conservandosi a lungo, fino ai giorni nostri. Un corteo, guidato da un personaggio munito di scudiscio e cilindro, Capodanno, padrone dei mesi, si dirige verso l’abitazione di una promessa sposa: Vincenzina, figlia di Zeza.
Il gruppo guidato da Capodanno è costituito da individui vivaci e colorati: i 12 mesi dell’anno, una coppia di anziani, la morte, un gigante, l’impertinente pulcinella, un matto, un sacerdote e il diavolo. Significativi tali caratteri perché richiamano i topos della vita. I mesi sono raffigurati secondo un aspetto alternativamente maschile e femminile e i canti sono la celebrazione dei riti legati con la rifondazione del ciclo annuale. La messa in scena dei mesi, con i loro attributi, era una sorta di evocazione delle stagioni affinché, con il loro ritorno annuale, deliziassero i contadini con il raccolto. In seguito alla declamazione di ciascun mese i personaggi si abbandonano a lieti balli.
È importante sottolineare l’entrata di una coppia di anziani ridicoli, sintomatica dell’anno appena trascorso e la festa del Carnevale deve favorirne definitivamente la scomparsa. Gli uomini devono sbarazzarsi dei due corpi, ormai usurati, per dare avvio ad un nuovo ciclo annuale. All’addio dei due vecchietti segue l’atto centrale dell’intera commedia: la Zeza.
La Zeza sarebbe la narrazione del matrimonio tra Vincenzina e Don Nicola. Perché si chiama Zeza tale vicenda? Zeza è la madre della sposa ed è una donna di costumi non troppo rigidi e vince le ostilità del marito per coronare il sogno d’amore di Vincenzina. La celebrazione del matrimonio è la parte conclusiva della recita, arricchita con un giocondo ballo finale che unisce tutti i personaggi e tutto il popolo spettatore.
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